12 Novembre 2018

Scelte trasparenti evitano le sanzioni 231

Vanno adottati sistemi di gestione e controllo che non ingessino le aziende Il Ddl anticorruzione prevede un inasprimento delle misure interdittive

L’inasprimento delle misure interdittive per le aziende che abbiano tratto beneficio dai reati di corruzione prevista dal Ddl “spazzacorrotti” attualmente all’esame della Camera, riaccende i riflettori sulle misure che permettono alle imprese di tutelarsi attraverso l’adozione di disposizioni organizzative e protocolli aziendali di contrasto.
Il disegno di legge anticorruzione, fortemente voluto dal ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, prevede l’innalzamento da uno a 5 anni della durata minima delle misure interdittive introdotte dal Dlgs 231/2001, tra le quali la revoca di autorizzazioni e licenze, l’interdizione dall’attività e il divieto di contrattare con la Pa. Si tratta delle sanzioni che una società potrebbe vedersi infliggere, in aggiunta a quelle pecuniarie, per reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio dai propri amministratori, da dipendenti o altre persone che abbiano con essa un rapporto qualificato. Il Ddl ne innalza di ben cinque volte anche il tetto massimo, portandolo a dieci anni. Bisognerà ora vedere se queste modifiche supereranno l’esame del Parlamento (il provvedimento è ora in prima lettura alla Camera, dopodiché passerà al Senato).

Per arginare il fenomeno corruttivo, alla responsabilità penale del soggetto che ha materialmente compiuto un crimine, il Dlgs 231/2001, ha affiancato la cosiddetta “colpa di organizzazione” che sancisce, al verificarsi di uno dei gravi reati elencati nella norma stessa (il Catalogo 231), un severo regime sanzionatorio para-penale a carico degli enti, società ed associazioni che hanno colpevolmente “ospitato” i medesimi. Allora come tutelarsi , tenendo la società al riparo da sanzioni così afflittive e scongiurando, nel contempo, l’insorgere del danno reputazionale che frequentemente precede l’esito giudiziale della vicenda rendendo arduo il ricorso al credito? Una via percorribile c’è. Il “sistema 231” è inteso a prevenire la commissione di reati, stimolando l’adozione di misure organizzative atte ad impedirne il verificarsi.

La responsabilità amministrativa è esclusa se la società dimostra che:

  1. prima della commissione del fatto abbia adottato ed efficacemente attuato un Modello di organizzazione, gestione e controllo idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi (il Modello deve essere descritto in un documento formale che illustri le disposizioni organizzative ed i protocolli introdotti al fine di prevenire i reati);
  2. il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza del Modello, nonché di proporne gli eventuali aggiornamenti, sia stato affidato ad un organismo interno dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo (l’organismo di vigilanza), ed esso abbia svolto una sufficiente azione di vigilanza;
  3. se il reato è stato commesso da un esponente di vertice della società, questi lo abbia fatto attraverso una elusione fraudolenta del Modello.

L’adozione del modello, se da un lato porta a migliorare la gestione dei processi aziendali, può dall’altro risultare onerosa in termini di realizzazione dell’analisi preliminare dei processi aziendali, di elaborazione o integrazione delle procedure interne, di predisposizione ed aggiornamento continuo, di effettuazione di monitoraggi periodici obbligatori sulla sua osservanza, nonché di costituzione e funzionamento dell’organismo di vigilanza. Il Modello inoltre, se mal disegnato, rischia di “ingessare” l’azienda, appesantendone le attività (soprattutto nelle piccole imprese per le quali snellezza operativa, bassi costi di gestione e rapidità decisionale sono fondamentali.

Come raccogliere, allora, l’opportunità prevista dal legislatore, avvantaggiandosene e non subendone il danno? Ecco le principali accortezze:

  1. analisi meticolosa dei processi e delle dinamiche produttive (conferendo priorità ai rischi concretamente rilevanti per l’azienda) per favorire la progettazione di procedure efficienti e praticabili che guidino anziché ostacolare il dinamismo produttivo;
  2. ricorso ad ausili standard di analisi del rischio e monitoraggio dell’attività;
  3. costituzione di organismi di vigilanza dimensionati in ragione della complessità aziendale (possono essere monocratici o anche composti dallo stesso organo dirigente nel caso di enti di piccole dimensioni).

Non molto utile risulterà, ad esempio, introdurre macchinose norme comportamentali per disciplinare eventuali rapporti con la Pa laddove l’azienda non ne abbia e non pianifichi di averne, prevedere duplici controlli ove i livelli gerarchici siano minimi. È necessario, cioè, ben disegnare e poi tagliare su misura l’abito per l’impresa, ben aderente e senza inutili sbuffi, come a volte si rischia di fare.

Fonte: il Sole 24 Ore