13 Dicembre 2018

Riforma appalti, salta il pacchetto di correzioni immediate del decreto Semplificazioni. Ok alla delega

Perplessità del Quirinale sull’urgenza: resta solo una norma sull’illecito professionale. Delusi i costruttori. Approvato il mandato a riformare il codice

Il Governo prende tempo sulla riforma del codice appalti. A sorpresa, il pacchetto di correzioni al codice, con le prime misure di snellimento delle gare pubbliche per favorire gli investimenti, è stato stralciato dal testo del decreto Semplificazioni, approvato ieri dal Consiglio dei ministri. Nel testo, in tema di appalti (e a meno di nuove modifiche in corsa) alla fine è rimasta solo una micro-correzione relativa alle esclusioni dalle gare delle imprese con macchie sul curriculum (il cosiddetto illecito professionale).

Le ipotesi della vigilia su un possibile alleggerimento del testo, indicato da molti come parecchio “ballerino”, sono state, dunque, confermate. A pesare, secondo indiscrezioni, sarebbero state anche le perplessità del Quirinale sull’effettiva urgenza delle misure sugli appalti inserite nel decreto. Voci che in qualche modo trovano fondamento nelle parole pronunciate dallo stesso vicepremier Luigi Di Maio che, illustrando il decreto in una diretta Facebook, ha spiegato che «l’articolo 3» con le misure su imprese e lavoro è destinato ad arricchirsi in Parlamento, grazie agli emendamenti che saranno presentati in sede di conversione. In quell’articolo, ha commentato Di Maio, avrebbero dovuto trovare posto molte altre norme di semplificazione che «adesso non vedete nel decreto perché non potevano entrarci subito».

Dall’operazione di stralcio si è salvata solo la piena tutela delle stazioni appaltanti in caso di gravi illeciti professionali o carenze nell’esecuzione di precedenti contratti. Una misura pensata, in base a quanto spiega il Governo, per garantire «la piena coerenza delle norme interne in tema di partecipazione alle gare con il contesto europeo».

La cancellazione del “pacchetto appalti” ha sollevato le proteste dei costruttori che non hanno nascosto la delusione per la decisione di rinviare le norme pensate per produrre un impatto immediato sugli investimenti, a partire dagli appalti per le piccole e medie opere pubbliche. «Ci aspettavamo un segnale importante per far ripartire il Paese, che invece ancora una volta viene rimandato a data da destinarsi – attacca il presidente dell’Ance Gabriele Buia – Non è così che possiamo convincere l’Europa, ma soprattutto non è così che possiamo far fronte alle necessità di un Paese che ha un gap infrastrutturale di 84 miliardi e che necessita di immediati interventi di messa in sicurezza e manutenzione del territorio».

È andata invece come previsto sul secondo binario messo in campo dal Governo per riformare il sistema dei contratti pubblici. È stato infatti approvato il disegno di legge che include la delega a riscrivere il codice degli appalti entrato in vigore ad aprile 2016. «Il codice sta bloccando gli investimenti – ha commentato Di Maio -. Dobbiamo eliminare un terzo delle norme. Il Governo si fa dare una delega e poi taglia tutto quello che non serve».

Impossibile escludere correzioni dell’ultim’ora, ma l’impianto della delega almeno per quanto riguarda gli appalti, segnalano fonti vicine a Palazzo Chigi, sarebbe stato confermato. Dunque: mandato al governo a riformare il codice entro un anno, con correttivi possibili entro due anni dall’entrata in vigore. Addio alla soft law dell’Anac, da sostituire con un regolamento.

Questi i paletti di partenza che ora saranno sottoposti all’esame del Parlamento.  Così come dal Parlamento dovrebbero arrivare anche le prime correzioni immediate da inserire durante la conversione in legge del decreto Semplificazioni. È chiaro allora che saranno dunque decisivi i prossimi mesi per capire come finirà la partita degli appalti (cui guarda con grande preoccupazione il mondo delle imprese): scossoni di Governo permettendo.

Fonte: Edilizia e Territorio

Articolo Originale