22 Novembre 2018

Riforma appalti/1. Professioni tecniche: ok il regolamento unico, no alla centrale di progettazione

Avviato il ciclo di audizioni al Senato sulla riforma del codice del 2016. I progettisti chiedono anche paletti su accordo quadro e appalto integrato

Promossa l’idea di tornate a un regolamento attuativo unico, bocciata quella di mettere in piedi una centrale di progettazione con la legge di Bilancio. È cominciato ieri, con i rappresentanti della Rete delle professioni tecniche, il ciclo di audizioni promosso dalla commissione Lavori pubblici del Senato in vista della riforma del codice appalti cui sta lavorando il Governo e che potrebbe vedere la luce nel giro di poche settimane.

Ai senatori della commissione i progettisti hanno evidenziato punti critici e aspetti da salvare del codice del 2016, «che va rivisto, ma non completamente buttato a mare – ha sottolineato Rino la Mendola, rappresentante del Consiglio nazionale architetti con la delega ai lavori pubblici -.le gare di progettazione stanno finalmente ripartendo in modo consistente, questo vuol dire che qualcosa funziona dopo la batosta dei primi mesi di applicazione».

Anche se esula dalla proposta di riforma, visto che è inclusa nella legge di Bilancio, i professionisti non hanno mancato di esporre tutta la loro contrarietà alla creazione della nuova Centrale di progettazione. «A parte tutti i problemi legati alla sua attuazione – ha detto il presidente di Rpt e del Consiglio nazionale degli ingegneri, Armando Zambrano -, questo Paese ha bisogno di una Pa in grado di programmare e controllare l’esecuzione degli interventi, non di progettisti pubblici». Zambrano ha promosso invece l’idea di tornare a un regolamento unico di attuazione del codice archiviando la strategia della «soft law»: «Ha creato decine di atti di regolamentazione secondaria scritti da mano diversa, con compiti diversi arrivando a generare confusione, duplicazione di atti e anche errori evidenti».

Per i progettisti andrebbe invece recuperata l’impostazione originaria del codice sull’appalto integrato che imponeva di assegnare i lavori su progetto esecutivo, senza concessioni all’appalto integrato «che – ha detto Zambrano – incide pesantemente sui costi finali di realizzazione delle opere». Stesso discorso per l’accordo quadro. «Accorpare gli incarichi – ha obiettato La Mendola – significa dare la possibilità di lavorare solo a pochi. Con questo spirito, per assurdo, si potrebbe finire di appaltare con una sola gara tutti i progetti di manutenzione degli ospedali o delle scuole italiane. I requisiti salgono e si chiudono le porta alle realtà più piccole. Strategia contrari a quella prevista dalle direttive europee».

Fonte: Edilizia e Territorio

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