13 Marzo 2019

Meno controlli e subappalto libero ecco il decreto Sblocca cantieri

LIANA MILELLA,

ROMA Subappalti più liberi (e più a rischio mafia ovviamente). Meno rigidità nel valutare le offerte anomale (quelle che poi producono lievitazione dei costi e opere bloccate). E anche, nell’epopea del mondo digitale, un’improvvisa avarizia nel rendere pubblici i bandi di gara (finiranno solo su un sito).
Ecco i primi scampoli del decreto che dovrebbe sbloccare i cantieri italiani. Un passo nel mondo degli appalti del governo gialloverde.
L’antipasto di quella riforma del codice degli appalti, annunciata decine di volte, e promessa dal capo del governo Giuseppe Conte sin dalle prime ore del suo governo, nei discorsi di insediamento al Senato prima e alla Camera poi. Una riforma che Matteo Salvini, con tanto di punzecchiatura ironica, tuttora sollecita – «Conto che il premier la porti a giorni, non a mesi»- augurandosi che passi tutto per decreto legge, anche se dovrebbe sapere che per il codice questo è impossibile. Ma l’attesa è destinata a prolungarsi, perché a oggi della riforma del Codice degli appalti esiste solo una legge delega che il Parlamento dovrà esaminare e approvare, e che certo non potrà sfociare in un decreto legge, ma semmai in un decreto legislativo. Se va bene, ci vorrà ben più di un anno. Un limbo dannoso. Che il presidente dell’Anac Raffaele Cantone, il 5 marzo davanti agli studenti dell’università di Tor Vergata, ha commentato così: «Credo sia compito del governo, se lo ritiene giusto, cambiare il codice degli appalti perché questo dipende anche da scelte di tipo politico. Il problema è che forse bisognerebbe fare un po’ meno annunci e un po’ più provvedimenti. Perché quando si annunciano i cambiamenti la pubblica amministrazione reagisce nel bloccarsi, e allora sono forse gli annunci dei cambiamenti quelli che creano problemi, piuttosto che i cambiamenti veri e propri».

Ma tant’è. Ecco intanto la decina di articoli, più o meno tecnici, che preannunciano il primo allargamento delle maglie in materia di appalti. A cominciare dai subappalti, su cui l’Italia registra da tempo le pressioni della Commissione europea per allentare una stretta giudicata eccessiva e che però non tiene conto della pressione mafiosa, tutta nostrana, sulle opere pubbliche. Ma stavolta il governo Conte abbandona la grinta antieuropea e si piega a consentire subappalti meno controllati. Perché il decreto elimina la norma che imponeva di presentare la lista dei subappaltatori prima dell’aggiudicazione. Sarà possibile farlo dopo, a gara già vinta. Ma come dimostra il caso delle infiltrazioni nei subappalti di Expo, bloccati in corner da Anac e Gdf, il rischio esiste. E le pressioni della criminalità saranno più forti con un’impresa o un cartello di imprese che si sono già aggiudicate la gara. Tuttavia, per questa nuova regola, il governo si nasconderà dietro l’Europa e il rischio di multe da 10-20mila euro al giorno che pioverebbero sull’Italia qualora dovesse respingere il diktat della Commissione.

E siamo alle altre due novità, anche queste con lo scopo di semplificare le procedure. Una nuova formula matematica per valutare le offerte anomale, quelle con un rischioso ribasso che risulta matematicamente insostenibile rispetto all’entità stessa dei lavori. Un vizio di molti imprenditori che hanno prodotto blocchi dei lavori e pesante lievitazione dei costi. Stretta invece sugli obblighi di pubblicazione che finora seguivano il criterio della massima pubblicità possibile.
D’ora in avanti invece finiranno solo sul sito della stazione appaltante, riducendo gli oneri, ma diminuendo anche la diffusione, e quindi la trasparenza stessa delle gare. Una riforma importante invece non c’è, quella su una tutela per i dipendenti pubblici che firmano tutti gli atti di gara, e che rischiano di pagare di persona per scelte fatte ai vertici. L’Anac, dove il testo è stato letto e analizzato, non farà battaglie contro il decreto.
A meno che non arrivino altre aggiunte fuori busta. Certo non esprimerà le preoccupazioni avanzate quando il governo ha di fatto liberalizzato gli appalti pubblici fino a 150mila euro nel decreto semplificazione. Ma a Cantone e ai suoi restano i dubbi su mesi e mesi di annunci, di per sé leciti, che però di fatto hanno bloccato la macchina degli appalti ben più del tanto criticato e deprecato codice.

 

Fonte: La Repubblica