7 Gennaio 2019

Investimenti, la legge di Bilancio rinuncia alla spinta: nuova spesa 2019 da 3,5 miliardi ai 550 milioni del testo finale

Il Ddl inziale prevedeva investimenti aggiuntivi (cassa) per 3,5 miliardi quest’anno, dopo il Maxi la cifra scende a 550 milioni

Nella versione finale della legge di Bilancio 2019 post trattativa con la Commissione europea il governo ha di fatto rinunciato al forte e immediato aumento di risorse per gli investimenti pubblici previsto dal testo iniziale. Nel Ddl di ottobre si prevedeva un aumento di 3,5 miliardi di euro di spesa effettiva di cassa per gli investimenti pubblici, rispetto alla legislazione pre-vigente, e in tutto di 15,5 miliardi nel triennio 2019-2020. Il testo finale approvato, invece, riduce questo aumento a 550 milioni nel 2019, rinviando gran parte della spinta (10,5 miliardi) al biennio successivo, e comunque riducendola da 15,5 a 11 miliardi nel triennio. 

Le stime dell’impatto della manovra sugli investimenti pubblici saranno illustrate oggi (lunedì 7 gennaio) dal presidente Ance Gabriele Buia (in audizione sul Dl Semplicazione), elaborate dall’ufficio studi Ance.

I numeri chiave sono però già chiari. Nella Nota di aggiornamento al Def gli uffici del Mef calcolavano un ennesimo calo del 2,2% degli investimenti fissi lordi della Pa nel 2018, toccando il minimo storico dell’1,9% rispetto al Pil. 
I tecnici del Mef prevedevano però una crescita dal 2019 già a legislazione vigente, per effetto in sostanza della spinta del fondo Renzi-Gentiloni e dello sblocco dei contratti Anas e Rfi. I tecnici del Mef calcolavano che dal 2019 la macchina della spesa pubblica per investimenti dovrebbe finalmente ripartire: era previsto infatti un +5,4% nel 2019 (34,8 miliardi di euro in valore assoluto), +7,5% nel 2020 (37.431), +4,0% nel 2021 (38,9 miliardi), anche se il rapporto rispetto al Pil sarebbe rimasto stabile (1,9% nel 2019, poi 2,0% nel 2020 e 2021, parlaimo sempre di previsione tendenziale). 
Rispetto a questo quadro tendenziale, che in valori assoluti significava circa due miliardi di euro di spesa effettiva in più nel 2019 (per investimenti), il governo dichiarava però di voler aggiungere una ulteriore spinta pari a 15 miliardi di euro di spesa effettiva in tre anni, di cui 3,5 nel 2019.

Ora, nel testo finale della manovra, questa spinta sul 2019 si riduce a 550 milioni. 
Restano sulla carta i due miliardi delle politiche a legislazione vigente, ma le diffuse incertezze legate alle grandi opere e lo sblocco solo a fine anno del Dpcm 2018 sul fondo Renzi-Gentiloni fanno temere che anche quelle previsioni possano rivelarsi, come ogni anno, ottimistiche.

LA CRISI DELLE GRANDI IMPRESE
La crisi delle grandi imprese di costruzione – Condotte, Astaldi e Cmc in primis – ha messo a rischio nel corso del 2018 cantieri in Italia per circa 10 miliardi di euro di valore residuo. La stima del Sole 24 Ore del 27 novembre è ancora valida, e anzi la situazione si è aggravata perché la crisi di liquidità di Cmc è poi sfociata nel concordato preventivo in bianco il 9 dicembre scorso.

La crisi delle grandi imprese è solo l’atto finale di una crisi decennale delle costruzioni in Italia, che ha ridotto il settore di oltre il 30% in valori reali, con 600mila posti di lavoro persi (su due milioni iniziali) e la scomparsa di 120mila aziende (il 90% delle quali artigiane e di piccole dimensioni). I sindacati dell’edilizia Feneal-Uil, Filca-Cisl e Fillea-Cgill annunceranno martedì prossimo una serie di mobilitazioni per il rilancio dei cantieri delle opere pubbliche, grandi e piccoli.

I CANTIERI BLOCCATI, MONITORAGGIO ANCE
Dal luglio scorso l’Ance (Associazione costruttori edili) monitora sul sito sbloccacantieri.it le opere pubbliche bloccate, finanziate ma ferme per motivi burocratico-approvativi, contenziosi, indecisione politica: ad oggi l’elenco è arrivato a oltre 400 opere, per un valore di 27 miliardi di euro.

Troviamo ad esempio la Gronda autostradale di Genova (5 miliardi), finanziata e approvata ma su cui non è arrivato nei mesi scorsi l’ok finale del Ministero delle Infrastrutture. Ferma anche – sempre spulciando nell’elenco Ance – la realizzazione della 3° corsia dell’A11 tra Firenze e Pistoia (3 miliardi), l’alta velocità Brescia-Verona (1,9), l’autostrada regionale Cispadana (1,3), il raccordo autostradale Ferrara-Porto Garibaldi (600 milioni), la Campogalliano-Sassuolo (500). Poi c’è la strada statale Maglie-Santa Maria di Leuca in Puglia (300 milioni), il 1° lotto della Valtrompia. E una serie di medie e piccole opere, come l’ospedale Morelli a Reggio Calabria (115 milioni), il piano scuole in Umbria (100 mln) o anti-dissesto in Veneto (140).

È vero che molte delle opere più rilevanti indicate nell’elenco Ance sono tra quelle oggetto di rivalutazione tecnico-politica da parte del ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli, e che lo stesso governo ha puntato nella legge di Bilancio a potenziare, più che le grandi opere, altri filoni di investimenti pubblici come le opere contro il dissesto idrogeologico, la manutenzione straordinaria di strade e ponti, l’edilizia sanitaria e gli investimenti delle Regioni e dei piccoli Comuni, con trasferimenti diretti di risorse.

LA MANCATA SPINTA IN BILANCIO
Tuttavia la stessa legge di Bilancio, come si diceva in apertura, ha rinunciato alla spinta immediata pro-cantieri che era stata annunciata nei mesi estivi e poi messa nero su bianco nella Nota di aggiornamento al Def e nel Ddl di Bilancio di ottore.

Tornando alle grandi imprese, stanno tutte a caccia di liquidità per tener vivi i cantieri, in attesa dei piani di ristrutturazione. I commissari di Condotte (circa 2,7 miliardi di cantieri in Italia) sono riusciti nei mesi scorsi a riallacciare i rapporti con gli enti appaltanti per riavviare i cantieri fermi (tutti) o firmare i contratti (congelati), ma solo l’11 dicembre scorso la Commissione europea ha autorizzato la garanzia statale sul prestito ponte da 190 milioni, e nonostante questo ad oggi il contratto con le banche non è ancora arrivato (si veda il servizio su «Edilizia» web).

Astaldi sta per ora riuscendo a tenere in piedi la gran parte dei suoi cantieri, tra cui le metropolitane di Milano M4 e Roma linea C, salvo invece i lavori per il nodo ferroviario di Genova e il Quadrilatero Marche-Umbria, sostanzialmente fermi. Anche Astaldi lotta però contro il tempo: a metà dicembre ha concordato con il fondo Fortress un prestito ponte da 75 milioni, ma la richiesta di autorizzazione del 17 dicembre non ha ancora avuto risposta dal Tribunale di Roma.

Fonte: Edilizia e Territorio

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