21 Gennaio 2019

Gare. In nessun caso è ammissibile l’“interruzione” della certificazione Soa

Palazzo Spada: nessuna discontinuità, anche se esclusivamente formale, è consentita durante l’intera durata della procedura

Nel corso della procedura di gara non è ammissibile nessun “blackout” della certificazione Soa sulle qualifiche possedute dall’impresa. Neanche se il “buco” di validità è solo formale, nel senso che riguarda la temporanea indisponibilità di una attestazione di requisiti tecnici che l’impresa ha sempre conservato. Il principio è stato affermato dal Consiglio di Stato nella pronuncia n.374/2019 del Consiglio di Stato (Sezione V), ribaltando la diversa valutazione contenuta nel giudizio del Tar. 

Il caso riguardava un’impresa per la quale la stazione appaltante ha rilevato un’interruzione della validità dell’attestazione Soa relativamente ad alcuni requisiti di qualificazione nella categoria OG3 (Strade). Per un periodo di tempo, l’impresa è rimasta “scoperta” tra la data di scadenza della precedente certificazione Soa e la successiva certificazione nella quale l’organismo di attestazione ha potuto ottenere «riscontro di veridicità di un Certificato di Esecuzione Lavori emesso da un Committente privato». Per un periodo di tempo, però, la società si è trovata formalmente nella condizione di avere una classe di fatturato (nella categoria Og3) inferiore a quella richiesta dal bando di gara. 

Inutilmente l’impresa ha chiesto di riconoscere la prevalenza «al dato sostanziale, tanto più in considerazione del riconoscimento formale, successivamente intervenuto, della necessaria classifica». Cioè chiedendo di valutare il possesso dei requisiti sotto il profilo sostanziale, «non in virtù di un astratto e vacuo formalismo procedimentale, quanto piuttosto a garanzia della permanenza della serietà dell’impresa di presentare un’offerta credibile e, dunque, della sicurezza per la stazione appaltante dell’instaurazione di un rapporto con un soggetto che, dalla candidatura in sede di gara fino alla stipula del contratto e poi ancora fino all’adempimento dell’obbligazione contrattuale, sia provvisto di tutti i requisiti di ordine generale e speciale per contrattare con la Pa». 

Ma l’argomento non è stato riconosciuto valido dai giudici di Palazzo Spada, i quali invece hanno ricordato che «secondo il pacifico orientamento giurisprudenziale», «la dimostrazione dei requisiti speciali di qualificazione nelle gare pubbliche di lavori devono essere posseduti dai concorrenti non solo all’atto della presentazione dell’offerta, ma anche per tutta la durata della procedura fino all’aggiudicazione definitiva e alla stipula del contratto, nonché per tutto il periodo dell’esecuzione dello stesso, senza soluzione di continuità» e tale dimostrazione «deve necessariamente avvenire attraverso l’attestazione Soa, avente valore di certificazione dei requisiti in concreto posseduti dall’operatore economico, rilasciata dagli organismi a ciò competenti».

Di più, i giudici sottolineano che nel caso della certificazione della Soa la forma corrisponde alla sostanza. Sempre. «Deve dunque evidenziarsi – si legge infatti nella pronuncia – come solo a fronte della sussistenza (accertata dalla Soa nel corso dell’istruttoria svolta) di tutte le condizioni di fatto e di diritto previste dalle norme regolamentari per il rilascio delle attestazioni, può dirsi maturato il requisito sostanziale per l’ottenimento di una determinata qualificazione: pertanto, nella fattispecie in esame, il possesso del solo requisito tecnico (inerente l’esecuzione di lavori per una determinata cifra d’affari), cui ha fatto riferimento il tribunale e la stessa Soa nella nota del 29 novembre 2017, non consentiva, in mancanza del riscontro di veridicità dei Cel da parte del committente privato, di attestare il possesso del requisito di qualificazione e, in definitiva, di ritener verificato il requisito sostanziale ad esso sotteso».

Fonte: Edilizia e Territorio

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