3 Gennaio 2019

Ddl Bilancio/2. Codice appalti: affidamento diretto fino a 150mila euro

Procedura negoziata fino a 350mila euro. Addio a 10mila bandi di lavori l’anno (-40%) per 600 milioni (-2,5%)

Il governo non è riuscito finora a varare una riforma organica del codice appalti, più volte annunciata fin dal discorso di insediamento in Parlamento (con polemiche immediate sul ruolo dell’Autorità anticorruzione di Raffaele Cantone), ma la legge di bilancio (articolo 1, comma 912) interviene ora «in deroga al codice degli appalti» sul punto più delicato per il settore: le modalità di scelta dell’appaltatore. Questo dopo che già il decreto semplificazioni era intervenuto su un aspetto specifico riguardante la qualificazione dei partecipanti alle gare. Il comma 912 liberalizza di fatto i criteri di affidamento della fascia compresa fra 40mila e 150mila euro per tutti i contratti di lavori, servizi e forniture, consentendo alle stazioni appaltanti di assegnare le commesse con «affidamento diretto» (quindi senza gara formale e senza obblighi di pubblicità) e imponendo solo la consultazione di tre operatori economici scelti con discrezionalità assoluta.

La norma interviene inoltre con una seconda semplificazione (di minore portata) anche sulla fascia di importo fra 150mila e 350mila euro, prevedendo in questo caso l’obbligo di una procedura negoziata (quindi senza gara formale ma con forme minime di pubblicità) e una consultazione di almeno dieci operatori economici (e non 15, qui è la semplificazione). L’intervento sulla fascia fino a 150mila euro è un vulnus in termini di concorrenza. E soprattutto di trasparenza perché questa fascia di mercato sarà di fatto inghiottita in un buco nero senza più alcuna informazione, senza controlli sull’operato della stazione appaltante (neanche da parte dell’Autorità anticorruzione), senza più alcun criterio oggettivo nella scelta dell’appaltatore. Sono le trattative private che in passato hanno consentito di far lievitare clientele e corruzione nei mercati locali degli appalti.L’impatto reale ed economico e gli allarmi lanciati in questi giorni da più parti (dall’Anac, dall’Ance, dai sindacati, dai media) vanno però pesati sulla base della quota di mercato interessata agli effetti prodotti dalla norma. 

Va detto subito che la portata della norma è radicalmente diversa nel mercato delle opere pubbliche a seconda che si parli di lavori o di servizi (progettazione e ingegneria). Nel primo caso la quota interessata è molto elevata in termini di numero di gare perché di fatto scomparirebbero circa 10mila bandi di gara annui, il 40% degli appalti sarebbe cioè assegnata senza gara anche informale o bando, stando a stime annue basate sugli ultimi dati di gennaio-novembre 2018 dell’Osservatorio Cresme-Edilizia e territorio sui bandi di gara. Trattandosi però di importi molto piccoli in un mercato molto grande (circa 25 miliardi di euro annui), la quota di mercato in termini economici sarebbe limitata a circa 600 milioni di euro, pari al 2,5% del mercato. Se il principio costituisce un vulnus in termini di trasparenza e di informazione sul mercato, bisogna mettere però sull’altro piatto della bilancia la necessità di affidare micro-opere (o manutenzioni) rapidamente, se si vuole accelerare la spesa e semplificare la vita delle piccole stazioni appaltanti, in attesa della riforma promessa dal codice. 

Certamente la norma (nata da un emendamento del capogruppo leghista Massimiliano Romeo) si poteva scrivere in termini meno tranchant. Non c’è nessun obbligo di pubblicità e non è neanche una norma transitoria.A questi dati andrebbero aggiunti quelli sulla fascia fra 150mila e 350mila euro che si possono stimare in tremila gare e un importo di 600-700 milioni. La fascia di lavori interessata alle semplificazioni del comma 912 riguarda quindi 13mila gare di lavori e circa 1,2-1,3 miliardi di lavori.Ma l’effetto più devastante degli affidamenti privati per la fascia fra 40mila e 150mila euro sarebbe nel campo dei servizi, in particolare dell’ingegneria e della progettazione. Rielaborando dati Oice anche essi relativi al periodo gennaio-novembre 2018, si può infatti stimare che la fascia di affidamento destinata a essere inghiottita nel buco nero della totale assenza di informazione riguardi oggi circa 4.500 appalti e rappresenti tra l’80 e l’85% delle gare pubblicate. 

Anche qui l’importo economico sarebbe molto più basso, ma non irrilevante, intorno al 15-16% del totale messo in gara. È evidente però che un mercato che non avesse nessuna forma di pubblicità e nessun vincolo oggettivo nei criteri di affidamento per l’85% degli incarichi affidati sarebbe di fatto un mercato morto sotto il profilo delle garanzie perché emergerebbero da questa area oscura solo il 15% dei bandi più grandi, appannaggio di studi strutturati e società di ingegneria. In sostanza, non sapremmo più nulla della stragrande maggioranza degli incarichi affidati dalle amministrazioni pubbliche a ingegneri, architetti e altri professionisti di questa area. Sommate alle 10mila gare per lavori, si può dire che il comma 912 cancella nel settore delle opere pubbliche 15mila gare e ne semplifica altre 4mila a un livello di alta informalità.

 

Fonte: Edilizia e Territorio

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