29 Novembre 2018

Costruzioni, per il Cresme la ripresa è già iniziata: i numeri e le tabelle di Bellicini

In esclusiva i dati principali illustrati a Milano. Quest’anno solo +2% per il ritmo lento di edilizia non residenziale e opere pubbliche

La ripresa del settore delle costruzioni, dopo dieci anni di crisi, è già cominciata. È quel che emerge dal Rapporto annuale del Cresme (la principale società indipendente di ricerca nel settore dell’edilizia) presentato ieri a Milano. Per quest’anno il Cresme prevede una crescita del 2,0% in valori reali degli investimenti in costruzioni, con una ripresa significativa soprattutto nell’edilizia residenziale privata (+1,5%), sia nuova (+3,4%) che di rinnovo (+1%), e nell’edilizia non residenziale privata (+3,4%), sia nuova (+5,6%) che rinnovo (+2,2%). 
Anche le opere pubbliche, dopo dieci anni di calo pressoché senza soste, e una perdita del 37% in valori reali dal 2007 al 2017, quest’anno dovrebbero secondo i dati Cresme far registrare il primo segnale di inversione, con un +1,5% rispetto al 2017. Si tratta però di un dato modesto, e soprattutto distante da quel +4,8% che il Cresme prevedeva (per le opere pubbliche nel 2018) basandosi sulla quantità di risorse stanziate dai precedenti governi, che però nel 2018 non si sono ancora trasformate in cantieri. 
Questo “ridimensionamento” del settore pubblico spiega in parte la diversa previsione 2018 del Cresme rispetto a un anno fa , da +2,5 a 2,0%. L’altro fattore è l’edilizia non residenziale privata (commerciale e uffici), che ha risentito del rallentamento della crescita economica, e dunque anziché crescere come previsto (+3,4% nel 2017 e nel 2018) ha rallentato il ritmo: +2% nel 2017 (rispetto al +2,9% nel 2016) e +1,7% quest’anno.

Il Cresme è comunque convinto che la ripresa sia partita, in uno scenario medio per i prossimi anni che preveda ancora tensioni con l’Unione europea, ma senza rotture, e una crescita forse più bassa di quella prevista dal governo, ma comunque moderata e costante. 
«Nel quadriennio 2019-2022 – scrive il Cresme – tutti i motori delle costruzioni dovrebbero essere accesi, e determinare una crescita del settore con tassi superiori al 2% tra il 2019 e il 2021, ma con dinamiche calanti: +2,5% nel 2019, +2,3% nel 2020, +2,1% nel 2021. Nel 2022 si doverbbe scendere sotto il 2%». 
Nel 2019-2021 dovrebbero essere in particolare le nuove costruzioni a trainare il mercato, nel residenziale, non residenziale e anche opere pubbliche. 

Anche con la crescita, comunque, il settore delle costruzioni in Italia resterrebbe ridimensionato rispetto al primo decennio degli anni duemila. Oggi il settore (investimenti in nuovo e rinnovo) vale il 29% in meno rispetto alla media 2005-2007, dopo la crescita prevista dal Cresme avrà nel 2023 un valore del 23% inferiore (sempre in valori reali) rispetto alla media 2005-2007. Anni di crescita economica, boom immobiliare e grandi opere che non torneranno più per l’edilizia, nonostante il recupero residenziale, i bonus fiscali, gli investimenti in infrastrutture previsti.

Il Cresme non può peraltro non immaginare scenari anche più avversi, cioè quelli di una perdurante incertezza nei rapporti con l’Europa o ancor peggio di crisi del debito pubblico modello Grecia. In quel caso “addio alla crescita” anche in edilizia, un settore che risente molto della fiducia nel futuro, del costo dei mutui, della capacità di spesa di famiglie e imprese.

LA METAMORFOSI DEL SETTORE 
Interessante il confronto con dieci anni fa. Nel 2008 il recupero (che negli anni novanta era sotto la metà sel settore) valeva il 57% del totale (investimenti e manutenzione ordinaria), mentre oggi vale il 73,8%. 
Nelle opere pubbliche da alcuni anni si insiste nella necessità di fare più manutenzione: ebbene, nel 2008 la manutenzione straordinaria rappresentava il 43% degli investimenti in opere pubbliche, oggi è già salita al 52%.

 Fonte: Edilizia e Territorio

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