21 Febbraio 2019

Brugnoli: il governo acceleri sui decreti attuativi per implementare il 4.0

Se la conoscenza di Industria 4.0 è una realtà ormai nel 95% delle imprese, l’implementazione lo è nel 68%. Sono dati emersi da una ricerca realizzata dalla Camera di Commercio Italo-Germanica in collaborazione con Ipsos e con la partecipazione di ALDAI-Federmanager su un campione di 120 imprese. 
In questo contesto di diffusa attuazione di Industria 4.0, però c’è un mismatch i nuovi modelli produttivi e il mercato del lavoro. Il 46% delle aziende lamenta una mancanza di competenze idonee a gestire la complessità tecnologica mentre il 39% segnala una resistenza al cambiamento che ostacola e limita la diffusione di Industria 4.0. Le soft skills come la creatività e l’attitudine al problem solving risultano essere non solo le competenze più difficili da reperire sul mercato del lavoro, come dice il 42% delle imprese, ma emergono trasversalmente come necessarie per un’implementazione efficace di Industria 4.0, seguite da competenze tecniche quali informatica avanzata, automazione industriale e meccatronica.

Il sistema duale potrebbe essere il modello da seguire, come è emerso ieri, in un convegno alla Camera di commercio italo germanica che ha dato il via a “digITALIA”, il progetto biennale finanziato dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca tedesco (BMBF) e finalizzato allo sviluppo di modelli di formazione duale e continua nei principali settori di Industria 4.0. Come dice Gerhard Dambach, vicepresidente della Camera di commercio italo germanica e ceo di Robert Bosch Italia «ci sono tante opportunità. Non puntiamo troppo in alto se sappiamo di non avere le risorse. Bisogna concentrarsi su ciò che c’è e migliorarlo. Dobbiamo mettere le imprese nelle condizioni di fare la formazione che serve. Dopo che hanno fatto un passo importante sugli investimenti in macchinari nell’ambito di Industry 4.0, adesso bisogna supportarle nella formazione per consentire ai lavoratori di utilizzarli. Nel 4.0 conoscenze tecniche e solide capacità manageriali non possono prescindere le une dalle altre e Digitalia, mette a disposizione un modello, quello del sistema duale, che ha funzionato. Facciamo rete e utilizziamolo, questo consentirà di risparmiare tempo e di fare riferimento a qualcosa che è già stato sperimentato e funziona».

Ma come sta industria 4.0 in Italia? «Sul lato investimenti – spiega Stefano Firpo, direttore generale per la Politica industriale, la competitività e le Pmi del Mise – il piano di Industry 4.0 è stato confermato anche per il 2019 e ci sono novità sulle competenze. Abbiamo prorogato le risorse per la formazione sul 4.0, con un focus particolare sulle piccole e medie imprese. È stato anche introdotto il voucher per i manager dell’innovazione che trae spunto dal voucher per gli export temporary manager. Tra gli elementi distintivi del nostro sistema produttivo non c’è tanto la piccola dimensione delle imprese, né tantomeno la proprietà famigliare di impresa. Ciò che abbiamo di diverso è la forte compenente di familismo manageriale delle nostre imprese: su questo è necessario fare uno sforzo, dobbiamo crescere e farlo anche attraverso manager che arrivano dall’esterno»
Gianni Brugnoli, vicepresidente di Confindustria per il capitale umano, osserva che «è importante la conferma degli incentivi di Industry 4.0, compresa l’inclusione del credito d’imposta sulla formazione». Le imprese «si sono create da sole le competenze. Il credito di imposta sulla formazione legata al 4.0 ha avuto un ruolo per sostenere le imprese nella formazione delle persone già presenti in azienda, mentre dall’alternanza è arrivato un forte stimolo alla scuola per formare le giovani generazioni. Il voucher sui temporary export manager ha funzionato nel traghettarre le piccole e medie imprese verso l’internazionalizzazione». Positivo potrebbe essere anche quello sui manager dell’innovazione, così come l’esperienza dei competence center. Ma bisogna accelerare sui tempi per l’implementazione del piano Industry 4.0. «Mancano i decreti attuativi », fa notare Brugnoli. 

L’alternanza scuola lavoro nel nostro paese è stato senza dubbio un esperimento riuscito. Molte aziende e molte scuole si sono messe a disposizione. «Confindustria ha sposato fin dall’inizio il progetto, ma adesso che la contaminazione dei giovani in azienda era diventata un’abitudine, il dimezzamento delle ore di alternanza ci stordisce – continua Brugnoli -. L’alternanza va fatta e va fatta bene. Guardando al passato, poi, non ci risulta che nessuno abbia schiacciato il bottone rosso. Abbiamo trovato ragazzi sensibili e motivati, come anche i loro docenti convinti nel voler far fare ai loro allievi esperienze in azienda». La preoccupazione delle imprese adesso «riguarda la tempistica e i numeri in gioco. C’è un numero di cui si parla troppo poco, ma che è una vera e propria emergenza nazionale. Noi abbiamo stimato – ricorda Brugnoli – che di qui al 2021 serviranno 193mila tecnici, nei diversi comparti, dalla meccanica, al tessile, all’Ict , al legno alla chimica, e uno su tre sarà difficile da reperire. Siamo in una situazione emergenziale e proprio per questo c’è anche un fattore tempo: così è difficile rimanere la seconda manifattura d’Europa». E forse sarebbe bene che i giovani sapessero un po’ di più che siamo il secondo paese manifatturiero d’Europa. «Sette du dieci non lo sanno – dice Brugnoli – e non sanno che tanto di quello che vedono è uscito dalle fabbriche del loro paese».

Fonte: Il Sole 24 Ore

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