6 Dicembre 2018

Avvalimento, va esclusa l’impresa che si fa prestare i requisiti da una ditta colpevole di false dichiarazioni

Consiglio di Stato: in questo caso non vale la regola che permette di sostituire la ditta ausiliaria con un’altra in possesso dei requisiti

Qualora nell’ambito dell’avvalimento l’impresa ausiliaria abbia rilasciato una dichiarazione mendace, omettendo di indicare un reato commesso da un ex amministratore, l’ente appaltante deve procedere all’esclusione del concorrente che aveva intenzione di avvalersi della suddetta impresa ausiliaria. 

Non è infatti applicabile alla fattispecie la previsione normativa che consente, a fronte della riscontrata carenza dei requisiti generali in capo all’impresa ausiliaria, di sostituire quest’ultima senza incorrere nella sanzione dell’esclusione. 

Inoltre relativamente alla commissione di reati va tenuta distinta l’ipotesi delle fattispecie di reato espressamente indicate come causa di esclusione da quelle in cui sussiste a carico del concorrente solo un onere di denuncia, lasciando all’ente appaltante ogni valutazione al riguardo, specie sotto il profilo della sussistenza del grave illecito professionale. Ciò tenendo presente che comunque la presentazione di documenti o dichiarazioni non veritieri costituisce di per sé causa di esclusione dalla gara. 

Sono queste le principali affermazioni contenute nella sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, 19 novembre 2018, n. 6529, che da un lato si occupa del profilo specifico degli oneri dichiarativi nell’ambito dell’avvalimento, dall’altro offre lo spunto per individuare i criteri che devono guidare i concorrenti a fronte della eventuale commissione di reati. 

Il fatto 
Un ente appaltante aveva svolto una procedura aperta per l’affidamento di un appalto integrato di progettazione ed esecuzione di lavori. A fronte dell’intervenuta aggiudicazione l’impresa seconda classificata proponeva ricorso contestando, tra le altre cose, che l’aggiudicataria aveva presentato una dichiarazione poi risultata non veritiera in relazione ai requisiti dell’impresa ausiliaria di cui la prima intendeva avvalersi. In particolare nella dichiarazione risultava omessa l’intervenuta condanna penale nei confronti dell’ex direttore tecnico dell’impresa ausiliaria per un reato relativo alla gestione di rifiuti non autorizzata. 
Il Tar Lazio, investito della controversia, ha respinto il ricorso anche con specifico riferimento alla censura sopra indicata. Il giudice amministrativo ha infatti ritenuto che, pur trattandosi di una dichiarazione oggettivamente non veritiera, essa si riferisse a una condanna penale che non influiva in alcun modo sulla moralità professionale dell’impresa ausiliaria, trattandosi di un reato di scarsa rilevanza e che risultava commesso in epoca molto risalente nel tempo rispetto al momento di indizione della gara.

La decisione del giudice di primo grado è stata oggetto di appello presso il Consiglio di Stato che, nel riformare la sentenza del Tar, si è in particolare soffermato proprio sul profilo da ultimo segnalato.

La dichiarazione mendace dell’impresa ausiliaria 
Il punto di partenza della fattispecie in esame è che l’impresa ausiliaria, pur avendo il suo ex direttore tecnico commesso un reato legato alla gestione dei rifiuti, ha omesso ogni riferimento allo stesso nella dichiarazione rilasciata. 
Secondo il Consiglio di Stato questa omissione è di per sé causa di esclusione dalla gara, a prescindere dall’indagine sulla qualità e gravità del reato di cui si tratta. 
Questa conclusione viene fondata sulla considerazione che la dichiarazione mendace costituisce un’autonoma fattispecie di esclusione dalla gara, a prescindere dal possesso o meno dei requisiti generali – e quindi a prescindere dall’indagine sul rilievo del reato in questione come integrante un’ipotesi di esclusione – in quanto viene a minare il rapporto fiduciario tra ente appaltante e concorrente.

Una conferma in questo senso si troverebbe anche nel dato testuale della norma. L’articolo 89, comma 1 del D.lgs. 50 stabilisce infatti che nell’ambito dell’avvalimento l’impresa principale deve presentare, tra le altre cose, una dichiarazione sottoscritta dall’impresa ausiliaria attestante il possesso dei requisiti generali. Nel caso di dichiarazioni mendaci si procede all’esclusione del concorrente e all’escussione della garanzia.

In realtà il punto sta proprio nello stabilire quando una dichiarazione possa considerarsi mendace. La norma sembra collegare la dichiarazione mendace al possesso dei requisiti generali, per cui una dichiarazione può essere considerata tale solo se nasconde un fatto o una circostanza che ha rilievo ai fini del possesso di detti requisiti.

Va poi tenuta nella debita considerazione anche la previsione contenuta nel comma 3 dell’articolo 89, secondo cui l’impresa ausiliaria nei cui confronti sussistono cause di esclusione deve essere sostituita. Questa previsione mal si concilia con quella contenuta al precedente comma 1, che sancisce l’esclusione del concorrente nel caso di dichiarazioni mendaci dell’impresa ausiliaria. In altri termini la dichiarazione mendace dell’impresa ausiliaria dovrebbe produrre contestualmente due effetti, tra loro contrapposti: da un lato l’esclusione del concorrente (e dell’impresa ausiliaria), dall’altro la sostituzione dell’impresa ausiliaria.

Questa contraddizione è stata superata nella pronuncia in commento sulla base di un ritenuto rapporto di specialità della previsione del comma 3 rispetto a quella del comma 1. Si tratta in verità di una conclusione tanto netta quanto debole nella sua argomentazione, non essendo del tutto chiaro come si venga a definire il dichiarato rapporto di specialità tra le due previsioni.

La questione si arricchisce poi di ulteriori elementi se si esaminano anche le previsioni contenute all’articolo 80 in materia di requisiti generali ovvero di cause di esclusione dalle gare. Infatti al comma 5 è stata inserita dal Decreto correttivo (Dlgs 56/2017) la causa di esclusione consistente nel fatto che l’operatore economico abbia presentato in sede di gara documentazione o dichiarazioni non veritiere. In realtà anche in questo caso occorre valutare quando una dichiarazione può considerarsi non veritiera, nel senso che va delimitato il campo di quello che ragionevolmente deve formare oggetto di dichiarazione.

I reati e le dichiarazioni mendaci 
Proprio con riferimento al rapporto tra commissione di reati e dichiarazioni mendaci la pronuncia del Consiglio di Stato svolge alcune importanti considerazioni.

Secondo il giudice amministrativo la dichiarazione non veritiera è sanzionata in via generale, in quanto circostanza che incide negativamente sull’affidabilità del futuro contraente, e ciò a prescindere da ogni considerazione su fondatezza, gravità e pertinenza degli episodi non dichiarati. Il legislatore ha inteso sanzionare la reticenza in sé considerata, in attuazione dei principi di lealtà e affidabilità, che devono indurre gli aspiranti contraenti alla più totale correttezza e trasparenza.

Sotto altro profilo l’eventuale condanna può assumere rilievo in quanto espressione del grave illecito professionale, dovendosi ritenere tale qualsiasi condotta legata all’esercizio dell’attività professionale che abbia dato luogo a fattispecie penali. 
Inoltre, sotto il profilo degli effetti, vanno tenute distinte le condanne penali relative agli specifici reati elencati al comma 1 dell’articolo 80 da quelle che possono avere influenza ai fini di configurare il grave illecito professionale. Nel primo caso l’esclusione è un atto vincolato, discendendo direttamente dalla legge, mentre nel caso del grave illecito professionale la valutazione sulla rilevanza del reato quale causa di esclusione è rimessa alla stazione appaltante, fermo restando che il concorrente non può compiere alcuna autonoma valutazione in merito alla rilevanza dei reati che devono essere comunicati all’ente appaltante.

Questo insieme di affermazioni estende in maniera molto ampia i contenuti dell’obbligo dichiarativo dei concorrenti in relazione ai reati commessi. L’impostazione non sembra fare differenza in relazione alla tipologia di reati e alla loro gravità: qualunque reato va dichiarato, restando poi in capo all’ente appaltante la valutazione ultima sulla loro effettiva incidenza ai fini di consentire o meno la partecipazione alla gara del concorrente.

I reati e le cause di esclusione 
Le considerazioni svolte consentono di operare qualche ulteriore riflessione in merito al rapporto tra commissione di reati e cause di esclusione dalle gare, con riferimento all’estensione dell’obbligo informativo che grava sul concorrente.

Vi sono delle tipologie di reati il cui accertamento con sentenza passata in giudicato o decreto penale di condanna o sentenza patteggiata producono di per sé l’esclusione del concorrente dalla gara. Si tratta dei reati puntualmente elencati all’articolo 80, comma 1, e che sono ritenuti di una gravità tale da comportare l’automatica esclusione, senza che residui alcun apprezzamento discrezionale in capo all’ente appaltante. 
In questa ipotesi è evidente che sussiste un obbligo informativo a carico del concorrente, che più ragionevolmente condurrà lo stesso alla rinuncia alla partecipazione alla gara.

Diverso è il discorso per gli altri reati che non rientrano nell’elencazione sopra richiamata. In questo caso la commissione del reato può incidere negativamente sulla “moralità professionale” del concorrente. L’articolo 80, comma 5, lettera c) prevede infatti che il concorrente sia escluso qualora lo stesso si sia reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità, che l’ente appaltante può dimostrare con mezzi adeguati. Rispetto a questa ipotesi si tratta di stabilire quanto esteso sia l’obbligo informativo a carico dei concorrenti.

Vi è al riguardo una tesi estensiva, fatta propria dalla giurisprudenza prevalente e a cui si richiama anche la sentenza in commento, secondo cui il concorrente sarebbe tenuto a dichiarare qualunque reato, a prescindere dalla sua tipologia, gravità e periodo più o meno risalente nel tempo in cui è stato commesso. Ciò in aderenza al principio secondo cui non spetta al concorrente operare alcun tipo di valutazione, dovendosi egli limitare a registrare il fatto storico, sulla cui rilevanza solo l’ente appaltante può esprimersi.

La conseguenza ultima è che se il concorrente omette di dichiarare un reato, qualunque esso sia, egli incorre nella causa di esclusione di cui al comma 5, lettera f- bis, che sanziona la documentazione o dichiarazione non veritiera presentata nella procedura di gara. 
In realtà questo approccio interpretativo non convince del tutto. Infatti, essendo la commissione del reato legata all’eventuale sussistenza del grave illecito professionale, i reati che vanno dichiarati sono solo quelli che attengono a tale ipotesi, che sono cioè in grado di incidere sulla moralità ed affidabilità del concorrente.

Evidentemente appare corretto ritenere che il concorrente debba muoversi con criteri prudenziali, e quindi nel dubbio in merito alla rilevanza di un reato debba dichiararlo lasciando la valutazione ultima all’ente appaltante. Nel contempo sembra ragionevole escludere dall’onere dichiarativo quei reati che per tipologia non hanno alcuna attinenza con l’illecito professionale e la cui conoscenza risulta quindi del tutto indifferente per l’ente appaltante.

Fonte: Edilizia e Territorio

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