Niente elenchi tassativi per vincolare le amministrazioni
Basta un provvedimento esecutivo di un giudice per escludere da un appalto un’impresa per grave illecito professionale; l’Anac deve chiarire i mezzi di prova cui possono fare riferimento le stazioni appaltanti ai fini dell’esclusione degli operatori economici dalle procedure di appalto; no ad elenchi tassativi di errori e irregolarità. È quanto ha affermato la commissione speciale del Consiglio di Stato con il parere 2616 del 13 novembre 2018 sul documento dell’Autorità nazionale anticorruzione intitolato «Indicazione dei mezzi di prova adeguati e delle carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto che possano considerarsi significative per la dimostrazione delle circostanze di esclusione di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) del Codice» che aggiorna le linee guida n. 6. L’aggiornamento della linea guida rappresenta l’occasione per fornire indicazioni precise alle stazioni appaltanti che da tempo chiedono di avere riferimenti certi per escludere legittimamente i concorrenti per grave illecito professionale. Sul tema della tassatività delle fattispecie di esclusione il parere ha precisato che si prende atto che «la soluzione proposta dall’Anac conferma le indicazioni fornite nelle linee guida vigenti, specificando, se del caso, il rapporto che intercorre, nell’ambito dell’art. 80, tra fattispecie generale e fattispecie tipizzanti. Come emerge dall’ampia rassegna, contenuta nella relazione illustrativa, della più recente giurisprudenza amministrativa formatasi nella materia, resta ineliminabile, e opportuno, per quanto si dirà, un margine significativo di discrezionalità ovvero di apprezzamento della stazione appaltante nel valutare in concreto, con riguardo alla singola fattispecie trattata, i comportamenti idonei a costituire gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità». Risulta quindi impossibile, «pena un eccessivo irrigidimento del sistema con potenziale vanificazione delle finalità della norma, vincolare l’amministrazione a un elenco tassativo e automatico di casi di esclusione». Ciò detto, però, i giudici chiedono all’Autorità uno sforzo di integrazione per individuare quali siano i mezzi di prova. Sulla questione inerente ai provvedimenti giudiziari rilevanti ai fini dell’esclusione, il parere si sofferma se siano necessarie le sentenze passate in giudicato giudizio o anche provvedimenti esecutivi, aderendo alla tesi Anac per cui basterebbe un «provvedimento esecutivo»: si tratta di una scelta utile perché «chiarisce che gli accertamenti del grave illecito professionale, per avere effetto escludente, devono essere contenuti in provvedimenti o atti della stazione appaltante non contestati o, nel caso di contestazione in giudizio (più frequentemente dinanzi al giudice civile), che non siano stati sospesi nella loro efficacia». Altro punto delicato è se si possa escludere una impresa nei confronti della quale sia stata disposta la risoluzione del contratto a sua volta oggetto di impugnativa ma non ancora decisa dal giudice. Il parere condivide la scelta dell’Anac di avere riguardo alla risoluzione «non contestata o confermata all’esito di un giudizio anche non definitivo». Per il Consiglio di stato si tratta di «un ragionevole punto di equilibrio tra l’esigenza degli operatori economici di evitare esclusioni basate esclusivamente su atti unilaterali privi di fondamento delle stazioni appaltanti e quella delle stazioni appaltanti di non vedere sostanzialmente vanificata la causa di esclusione sulla base della sola contestazione (anch’essa non meno unilaterale e priva di fondamento) dell’operatore economico».